Ciao, Adrienne

Santa Cruz, 27 marzo 2012: muore Adrienne Rich, poetessa e saggista autrice di Compulsory Eterosexuality and Lesbian Existance, forse il primo lavoro di rilevanza nell’ambito delle teorie lesbiche, ai tempi della sua pubblicazione (1980) guardate con sospetto nello stesso ambiente femminista. Eh già, perché prima che le Radicalesbians si mettessero ad occupare i palchi delle femministe perbene con la celebre maglietta Lavander Menace (Lavanda pericolo pubblico), la “liberazione” era pensata a misura di moglie. Di moglie rispettata e amata, certo, ma pur sempre di moglie.
Come ha ragione De Laurentis quando, in risposta a Beauvoir, nota che la storia del femminismo è anche storia di compromessi, arroganza razziale, zone d’ombra concettuali e ideologiche! Perché ogni soggetto che si pretende chiuso in se stesso, continua De Laurentis (ma potrebbe essere anche Butler), si pone solo opponendosi, e dunque costituisce l’Altro come oggetto, come inessenziale. Vale anche per il soggetto femminile, il servo che si fa padrone. E via con la discriminazione di lesbiche, trans e puttane.
Rich, donna colta e sensibile, attivista nelle proteste contro la guerra del Vietnam e nel movimento per i diritti civili, prima di scoprire il suo amore per le donne si sposò ed ebbe tre figli. Il saggio dell’80 ne indaga i motivi. L’eterosessualità come istituzione (maschile) soffia alla donna persino la possibilità di scoprire e giocare con l’infinita varietà dei legami affettivi e sessuali e spaccia per natura un sistema di vita modellato su una mutilazione sociale. Il femminismo diceva “femmina” e intendeva “eterosessuale”, spostando un po’ più in là, non estinguendo, un limite formulato nel linguaggio del padre. L’intuizione – fondamentale – di Rich è tutta lì: la donna ha potenzialità che non possono essere ridotte all’eterosessualità, negarlo significa negare la possibilità stessa della liberazione.

De mortuis nihil nisi bonum, e di te, Adrienne, non si potrebbe davvero dire nulla di male. Se mi è consentito, però, sottrarmi di un soffio a quella legge non scritta – in fondo non ne avevi gran considerazione – valida sempre, anche ad un funerale: è un vero peccato che la tua sensibilità abbia accolto tale e quale l’idea di animalità tramandata dalla cultura occidentale. La liberazione non può finire con le donne, le lesbiche, le trans. È sciocco, forse, ma così elementare: un agnello ha potenzialità che non possono essere ridotte al pranzo pasquale.

10 risposte a “Ciao, Adrienne

  1. Bello, mi ha incuriosito. Mi leggerò Compulsory Eterosexuality

    • Oh, grazie. Ottimo, comunque, se poi la curiosità aumenta possiamo finire di leggerlo insieme (mamma mia che battutaccia, hai il diritto di schiaffeggiarmi)!

      • Ahahahah! Sul serio, mi interessa perché sono sempre più convinta che l’orientamento sessuale sia qualcosa di (anche) determinato dal contesto, e poi perché sto sviluppando reazioni allergiche a un certo femminismo moralista che serpeggia anche in Italia e che mi sembra riproporre nient’altro che una visione riveduta e corretta del vecchio stereotipo della donna “moglie e madre”. Adesso abbiamo la donna “lavoratrice intellettuale e madre”, per adeguarci ai tempi (la De Gregorio ne è perfetta testimonial), ma trans, puttane, veline, rifatte, queer, continuano a essere le donne “per male” da disprezzare o da compatire nel migliore dei casi.

      • Se non fosse così ardua da leggere, ti consiglierei Judith Butler, La disfatta del genere (Undoing gender). Il problema è che dà per scontati un sacco di concetti e scrive male malissimo…mentre in Scambi di genere (Gender Trouble) sostiene il genere sia una performance continuamente ripetuta e creduta reale, nelle opere più recenti sembra riconoscere qualcosa anche alla biologia. Siamo, anche il nostro desiderio lo è, un complesso intreccio di natura e cultura che non può essere sciolto senza fare violenza all’una e all’altra. Lei racconta la storia di David Reimer (http://en.wikipedia.org/wiki/David_Reimer), su cui medici psicologi e psichiatri testarono con avidità professionale le loro teorie, e mostra come sia le spiegazioni biologizzanti che quelle costruzioniste (l’identità sessuale si plasma interamente nel contesto sociale) non rendano conto della molteplicità di fattori che ci costituiscono. Ad ogni modo, Judy, insieme a De Laurentis che è egualmente oscura perché dà per scontati un sacco di concetti della psicanalisi, è una delle più spietate critiche del femminismo “essenzialista”, cioè di quel femminismo che definisce cosa sia donna, ne individua un’essenza e finisce fatalmente per fare violenza a tutte quelle declinazioni della femminilità che non si confanno a tale ipostatizzazione. Che ne so, prendi quelle che insistono sulla “cura”, la donna è cura e questa è la sua qualità: siamo sicure che sia un modo maturo di parlare della femminilità? Non si finisce per avvallare uno stereotipo valido da secoli, cambiandogli semplicemente di segno? Se prima la cura era un valore minore ora viene letta come la massima virtù, e finisce per trasformarsi in prigione dorata? Rich ad esempio parla molto della maternità, che per lei fu un’esperienza fondamentale, ma si guarda bene dall’ingabbiarci tutte le donne. In questo senso fu una donna liberissima, davvero io sono affascinata dalla libertà con cui visse e che molti, intorno a lei, non seppero gestire.

      • Wow, grazie! Quanti riferimenti interessanti. Devo fare un super ordine su Amazon in questi giorni, ci infilo anche questi, così andranno ad impolverare le mie librerie e ad alimentare il mio senso d’ansia per tutte le cose che vorrei leggere e non potrò…Comunque il tema dell’orientamento sessuale e di quanto in esso vi sia di costruito è moooolto interessante. Ci sono parecchie domande nella mia testa che cercano risposta. Vabbè, grazie di nuovo! ps. Anch’io, pur non sapendone moltissimo, sono sempre stata molto scettica sul femminismo cosiddetto “essenzialista”.

      • Prego 🙂
        Declino ogni responsabilità nel caso Butler e De Laurentis dovessero risultare indigeste: io l’ho detto che sono illeggibili!

        P.S.: Consigliatissimo Maschio e femmina dio li creò!? di Lorenzo Bernini.

  2. Sulla costruzione dell’orientamento e dell’identità sessuale consiglio un film delicatissimo: Tomboy di Céline Sciamma. Ne avevo parlato qui:
    http://ildolcedomani.blogspot.it/2011/10/tomboy-di-celine-sciamma.html
    Un saluto a tutte e due. 🙂

    • Anche “XXY” di Lucia Puenzo è interessante (forse te l’avevo già segnalato? Mi sembra di sì). Forse però questi due sono film più sull’identità sessuale che sull’orientamento, anche se poi in effetti l’orientamento sessuale come costrutto sociale comincia a partire dalla definizione ed attribuzione dell’identità sessuale.

  3. Grazie a entrambe. Serena, non ti preoccupare, non appartengo a quella categoria di lettori che si sentono moralmente obbligati a terminare i libri una volta iniziati 🙂

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